Il Sito di Daniele Dattola

STORIE DEI LUOGHI

150° ANNIVERSARIO UNITA’ D’ITALIA CELEBRAZIONE A MELITO DI PORTO SALVO

 

 

E’ stata una celebrazione, quella voluta dall’Amministrazione comunale di Melito Porto Salvo, per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, semplice, vera e in alcuni momenti toccante. I cittadini melitesi, come non mai, erano  presenti. Tutti hanno partecipato ed hanno risposto positivamente all’evento. I davanzali delle principali Istituzioni, molti balconi  e l’intero corso Garibaldi avevano esposto a bella vista  le bandiere tricolori.

 

 

 

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VALLATA DI S. PASQUALE, “ANTICA DELIA”.

 

 

Della storia di Bova mi sono già occupato  perciò vi invito a leggere nel sito www.dattola.com l’argomento Luoghi: “BOVA”, che qui ripropongo:
Varie sono le teorie sulle origini di Bova; una cosa è certa Bova ha origini antichissime, si sa che il mare Jonio su cui si affaccia Bova, fa parte del Mediterraneo (mare in mezzo alla terra). Gli antichi popoli del mare, costituiti da razze diverse, provenienti da diversi continenti lo attraversarono, favorendo la nascita di antichi nuclei: Gli Opici, Ausoni, i Pelagi, gli Iberi, i Magnogreci, i Romani e cosi via. E’ inutile elencarli tutti, mi rifaccio alla storia scritta da un eminente cittadino di Bova tale Domenico Bertone Misiano, nato nel 1865, laureato in giurisprudenza, figlio di un farmacista,  che nella sua opera “I popoli preistorici dell’Italia” scrisse che, molta influenza esercitò l’Egitto, già presente nel 3000 a.C. nel Mediterraneo. A causa dell’invasione dell’Egitto da parte di una tribù di Hycsos, due grandi tribù, di Butani del Basso Delta e Bink del Sudan emigrarono sulla costa jonica in un posto che fu chiamato Vuà (Bova), i Butani adoravano una grande divinità Vutò, che aveva la forma di toro e parlavano una lingua simile al greco arcaico.

 

 

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VISITA ALL’INSEDIAMENTO ROMANO DI PALAZZI (COMUNE DI CASIGNANA).

 

 

Tra Reggio e Locri in località Palazzi, lungo la SS. 106 per circa 1 km. e a 300 mt. dalla spiaggia in un’area di circa 15 ettari sono stati trovati nel 1963 durante gli scavi, per il passaggio di un acquedotto, i resti di un complesso di edifici di età imperiale romana risalente al I°-V° sec. d.C., nel mezzo di questo complesso un edificio termale con pavimenti a mosaici e lastre di marmo.
Mi sono recato a visitare questo complesso di edifici, unitamente a tutti i soci del Circolo Culturale “Meli” di Melito P.S., che hanno organizzato una visita guidata.

 

 

 

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ANNI 60 VISITE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AMINTORE FANFANI E GIUSEPPE SARAGAT A MELITO DI PORTO SALVO (RC)

 

 

 

Nel 1958 Fanfani forma con la DC e il sostegno dei socialdemocratici un secondo governo, fu durante  questa gestione che cominciano le prime prove per la formazione di un nuovo corso politico con il PSI, questo nuova politica fu osteggiata dalla DC e dai suoi sostenitori, perché si passava da una gestione centrista a una di centro sinistra, fu grazie ai franchi tiratori che il governo andò giù più volte, e Fanfani fu costretto a dimettersi.
Nel 1960 Fanfani torna in campo con forza, formando un terzo governo, democristiano monocolore appoggiato dai partiti del Centro e con le concordate astensioni dei socialisti e dei Monarchici. Fanfani diventa Presidente del Consiglio e Aldo Moro Segretario del Partito. I due soprannominati “Cavalli di Razza” nel 62 fanno approvare al Congresso Nazionale di Napoli la linea di una nuova maggioranza definitiva con il Partito Socialista Italiano.
Gli anni 60 sono quelli della programmazione economica, nel 1961 e nel 1963 Amintore Fanfani venne in Calabria.

Ecco le foto salienti delle visite fatte dal Presidente del Consiglio Amintore Fanfani a Melito di Porto Salvo.

 

 

ARRIVO FANFANI_800x555 copy                                       (Arrivo del Presidente A. Fanfani davanti il Comune di Melito di Porto Salvo)

 

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1955 COME ERAVAMO MELITO DI PORTO SALVO (RC)

 

 

In questa Sezione gli amanti delle foto d’epoca possono visionare Foto del Passato riguardanti luoghi, Persone, Attività del nostro meraviglioso Comune di Melito di Porto Salvo, le foto sono state scattate nel 1955.

Sono sempre qui a ripetere che chiunque ha foto del passato di Melito, può trasmetterle alla mia e-mail dadatto@libero.it  Se interessanti,  mi impegno a pubblicarle citando la fonte e marcando le stesse, mantenendo alle foto e quindi ai relativi proprietari le caratteristiche originali, per evitare il copia copiabus. Il tutto per dare alla Melito del tempo che fu una “Memoria”.

 

03.03.1955 TIBERIO EVOLI E ALTRI_800x546 copy (Foto scattata il 03.03.1955 davanti l’entrata dell’Ospedale di Melito P.S. a sin. Ing. Sergi Sindaco di Melito, al centro Prof. Tiberio Evoli, e Prof. Ricci (emiliano) in fondo Dr. Aloi Antonino, Dr. Mario Evoli, Prof. Pietro Panuccio, l’inf. Rosaci e altri)

 

 

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1716 ATTI INEDITI SULLA PESCA E SALATA DEI PESCI A MELITO PORTO SALVO

 

Durante le mie ricerche, ho rintracciato una serie di atti, inediti, recanti interessanti documenti per la storia di Melito  Porto Salvo, trattano di processi e memorie per il diritto della pesca e della salata dei pesci a Melito e abbracciano un periodo di storia relativo alle concessioni che va dal 1500 al 1728; L’atto principale  è una nota di Fatto e Ragione  del 1761  dell’Ill.mo Duca di Melito D. Francesco Ruffo contro Monsignore Arcivescovo di Reggio Cal., conte di Bova e altri Baroni confinanti.

 

 

PAGINA INIZIALE CONTROVERSIA

 

foto foglio iniziale atto Duca di Melito Ruffo contro Arcivescovo

 

 

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BAGALADI

Dista da Melito circa 15 Km.,  si trova alle pendici del monte S. Angelo, a destra del torrente Tuccio.

Immagine 003 PANORAMICA FIUMARA                                                                (Panorama di Bagaladi dal Ponte Tuccio) Continua a leggere

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BOVA (Vùa)

 

 

 (Alla fine del lavoro apposito video filmato)

 

 

In una splendida giornata di sole, 16 giugno 2008, decido di visitare uno dei paesi interni più belli e importanti della costa Ionica-meridionale, Bova (Vùa). Lo raggiungo, al fine di inserire il lavoro nel sito www.dattola.com sui più  importanti paesi interni ionici. Inizio il viaggio partendo da Bova Marina,

 

 

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lasciando alle spalle, l’incantevole mare Jonio carico di azzurro,

 

 

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La giornata è un po’ ventosa. Dopo un paio di tornanti

 

 

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raggiungo dei posti dalla vista incantevole, un rudere di chiesa, un agriturismo un centro Brica, ed ad un certo punto su un picco il più alto che c’è, ecco il paese, che si staglia rispetto alle sue vallate, ad un’altezza di 915 mt. dal livello del mare.

 

 

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Immagine 626                                                                                                  (Bova vista da nord)

 

 

 

 

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Varie sono le teorie sulle origini di Bova; una cosa è certa Bova ha origini antichissime, si sa che il mare Jonio su cui si affaccia Bova, fa parte del Mediterraneo (mare in mezzo alla terra). Gli antichi popoli del mare, costituiti da razze diverse, provenienti da diversi continenti lo attraversarono, favorendo la nascita di antichi nuclei: Gli Opici, Ausoni, I Pelagi, Gli Iberi, I Magnogreci, I Romani e cosi via. E’ inutile elencarli tutti, io qui mi rifaccio alla storia scritta da un eminente cittadino di Bova tale Domenico Bertone Misiano, nato nel 1865, laureato in giurisprudenza, figlio di un farmacista,  che nella sua opera “I popoli preistorici dell’Italia” scrisse che, molta influenza esercitò l’Egitto, già presente nel 3000 a.C. nel Mediterraneo. A causa dell’invasione dell’Egitto da parte di una tribù di Hycsos, due grandi tribù di Butani del Basso Delta e Bink del Sudan emigrarono sulla costa jonica in un posto che fu chiamato vuà (Bova), i Butani adoravano una grande divinità Vutò, che aveva la forma di toro e parlavano una lingua simile al greco arcaico. Mentre in altri posti della Calabria si insediarono in questo stesso periodo altri popoli che furono detti Opici, in quanto il primo luogo che abitarono era detto Opicia (Butani e Bink ; Reseniti; Acri; Vudinoi; Driopi; Choni), e così via. Sembra che questi popoli di Butani e Bink si stanziarono in un piccolo centro vicino S. Pasquale detto Delia, e che una regina greca, poi si spostò all’interno nell’attuale perimetro del castello di Bova.
Sulla costa Jonica ormai è arcinoto che è stato rintracciato materiale archeologico che va dal paleolitico arcaico (un milione di anni fa) all’età del ferro (VIII°-VII° sec- a.C.), ma quello più notevole è il materiale neolitico, che ha messo in risalto il lavoro del prof. Robb e di altri illustri professori universitari internazionali, ritrovamenti preellenici molto precedenti al periodo della Magna Grecia, capanne ricoperte di rami e con intonaco il fango, cuspidi di frecce di ossidiana (materiale caratteristico di Lipari) e silicee, asce e una particolare serie di vasi e terrecotte con disegni geometrici, di colore bruno, trovati per la prima volta a Stentinello di Siracusa e perciò appartenenti ad una civiltà che risale da 8000 a 6000 anni a.C. per documentare e confermare quanto ho detto prima ecco uno dei tanti articoli Comparsi sui giornali locali e mi riferisco alla Gazzetta del Sud del 22 luglio 2003. Autore Pietro Gaeta:
“Dalla Gazzetta del Sud del 22 luglio 2003 art. di Pietro Gaeta
Archeologi anglosassoni stanno eseguendo importanti scavi
Il Tesoro di Bova
Un Prof. di Cambridge guida le ricerche
Reggio – Trenta giovani archeologi inglesi, americani, canadesi, guidati da John Robb, professore della prestigiosa Università di Cambridge, scavano nel territorio di Bova dal 1997. E i risultati sono straordinari: la presenza dell’uomo nella provincia di Reggio si retrodata all’epoca del Paleolitico (700.000 anni prima di Cristo!) Sebastiano Stranges, ispettore onorario della Sovrintendenza, e la sua equipe, da un ventennio hanno portato alla scoperta di centinaia di siti archeologici tra Pellaro e Brancaleone e particolare rilievo hanno avuto i siti preistorici, praticamente sconosciuti nella letteratura internazionale. Fin dalla prime ricognizioni era emerso il ruolo di grande rilievo nella zona tra Saline e Bova che aveva già fatto parlare di una capitale neolitica nella Calabria meridionale. Il risultato di queste ricerche ha attirato archeologi internazionali che hanno deciso di investire denaro e tempo nella scoperta della preistoria nella nostra provincia. I due siti indagati sono Umbro e Penitenzeria (entrambi nel Comune di Bova), dopo che le segnalazioni di Stranges furono confermate scientificamente dal prof. Santo Tinè ( Il più grande archeologo preistorico italiano) che fu coadiuvato dal prof. Daniele Castrizio-, dove furono trovate alcune capanne neolitiche e una ricchezza enorme di ceramica “stentinelliana” con motivi e decorazioni inedite”. Dopo i primi saggi le ricerche si sono appuntate nel sito di Penitenzeria che era il villaggio più importante dell’intera costa meridionale, la “capitale” della  tribù Ausonia che si era insediata nella zona. “ I sistemi di scavi sono i più moderni – spiega il Prof. Castrizio- una vera lezione per l’archeologia locale. Usano la flottazione e il sistematico setacciamento della terra di scavo su cui intervengono i paleobotanici e i paleontologi. In Calabria, per la prima volta, è stato usato il sistema di datazione del radiocarbonio. Grazie a questi metodi innovativi, lo scavo ci restituisce non solo cocci e pietre, ma la vera storia dei nostri antenati. Sappiamo dove e come abitavano, cosa mangiavano e come distribuivano il territorio. Lo studio dei motivi ornamentali sulla ceramica ci restituisce anche la loro identità culturale: ogni tribù aveva i propri decori, come i clan scozzesi hanno i loro colori che li identificano. Sappiamo anche che avevano un commercio: prendevano e esportavano l’ossidiana dalla isole Lipari, importavano le pietre dalla Sila per le proprie asce, arrivavano vasi e forse anche uomini dalla Grecia e dall’Africa”. Quest’anno è cominciato anche uno scavo di case fortificate greche per lo sfruttamento agricolo e il controllo del confine tra Reggio e Locri (IV sec. A. C.). I villaggi indigeni, probabilmente sotto la spinta dei Greci, furono abbandonati e il territorio subì una radicale trasformazione e reinterpretazione commerciale ed economica. “L’importanza di questi scavi – aggiunge Castrizio – è fondamentale per lo sfruttamento turistico del nostro patrimonio archeologico e rappresentano un vero e proprio esempio da seguire. Gli scavi  sono costantemente aggiornati su internet, i materiali vengono velocemente pubblicati e messi a disposizione della comunità scientifica, specialisti stranieri vengono chiamati per risolvere i problemi della ricerca. Lo scavo di Umbro è molto famoso in Inghilterra ed è stato ripreso da riviste specializzate. Ma la cosa importante da comprendere è che questo sito ci ha consentito di saperne di più sui nostri antenati e poi, cosa ancora più straordinaria, che è semplicemente uno dei tanti che si possono scavare sulla costa reggina”. Sebastiano Stranges, dunque, è un esempio di chi, rimettendoci, sempre del proprio, ha vinto le iniziali resistenze degli esperti e non si è mai arreso all’assenza di fondi. “E se altri avessero agito come lui – conferma Castrizio-, certamente il nostro turismo culturale avrebbe avuto ben altre frecce al suo arco”. ……L’Aspromonte, sotto le grandi pietre (Pentedattilo, Pietra Cappa, Pietra di Febo…), cela ancora villaggi di straordinaria grandezza e ricchezza. Saline, in particolare, negli studi di Stranges e Robb, sembra essere una vera e propria capitale del neolitico con una serie straordinaria, per quantità e qualità di rinvenimenti……” Anche nella zona più alta del castello è stato ritrovato, nel perimetro del Castello,  schegge di ossidiana, attestanti il commercio primitivo che gli abitanti delle isole Eolie intrattenevano con i popoli vicini a partire dal IV millennio a.C.. Pertanto le rocche del Castello ospitarono sicuramente un insediamento umano di età preistorica. Vedi i cocci dei vasi di origine stentinelliana, che comprovano l’antica esistenza di abitazioni nella zona del castello. Poi vennero i Greci, i romani etc. Sembra che subì frequenti incursioni barbariche.
Nel 440, infatti, i Vandali, sbarcarono sulle coste lucane e bruzie devastando e saccheggiando le città marittime. Dopo aver occupato la Sicilia, organizzarono scorrerie in Calabria e gli abitanti del litorale per sfuggire alle devastazioni si rifugiarono sui monti, in luoghi più sicuri ed inespugnabili. Fu questo, quindi, il motivo che spinse gli abitanti di Delia a fondare la città di Bova.

 

Nello stemma della città di Bova la figura predominante è il bue.

 

 

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Nel corso dei secoli lo stemma, è stato modificato più volte, Prima nel 1400 si presentava con la figura di un bue con la zampa alzata; nel 1500 con l’introduzione del rito latino alla figura del bue che viene riprodotta in modo più piccolo è aggiunta la figura della Madonna col bambino seduti sul bue. Nella cattedrale il bambino e sull’atto di benedire, mentre nella chiesa di S. Leo ci sono due stemmi in uno il bambino sta con le mani sul petto della Madonna e nell’altro viene ripetuto però stavolta colorato con smalti cosi come possiamo vedere dalle foto.
Il Paese fu assediato dai Saraceni nel IX° sec. e nel 953 e nel 1075 molte furono le perdite di vita umana a causa dei Saraceni. Sotto il dominio Normanno l’Arcivescovo di Reggio Calabria  gesti e dominò Bova con il titolo di Conte, fino al 1791 quando il feudo fu ceduto al fisco regio. Il Paese presentava due porte di accesso con torri, porta Ajo Marini e l’altra collocata vicino la Cattedrale, che era collocata nella parte alta della città insieme al palazzo vescovile e le case delle famiglie nobili ed importanti. Nel paese c’erano tre torri difensive, oggi ne esiste solo una.

 

 

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Cessò di essere Feudo nel 1806, anno dell’eversione della feudalità. Un duro colpo subì il paese a causa della peste nel 1577. Distruttivi furono i terremoti del 1783 e 1908. I monaci Basiliani introdussero il rito greco e Bova fu sede arcivescovile fino all’anno 1572 quando fu imposto dall’arcivescovo Stauriano il rito latino.
Bova ebbe il primato sull’area grecanica del reggino per almeno un millennio, le popolazioni conservano ancora la parlata greca, il greco che si parla a Bova è antico con derivazioni arcaiche e quindi non è attribuibile ai coloni greci Calcidesi dell’VIII° sec. Vari sono stati i personaggi importanti di questo antico centro. I Malgeri, i Viola, i Vitale, i Natoli , i Misiano, i Casile, i Catanea, gli Autelitano, i Borrello, gli Alati,  i Criseo, i Larizza e tanti altri che mi sfuggono e a cui chiedo scusa se non li ho nominati.

 

All’arrivo, accompagnato dal mio amico Nino Marino, sono stato accolto dal Vice-Sindaco Santino Casile

 

 

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e da un suo parente, Leo Casile,

 

 

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persone squisitissime che mi hanno fatto da guida, ho subito capito quanto amore, queste persone, hanno per questo posto. Il paese si mostra in tutta la sua bellezza,  noto che ci sono parecchi cantieri aperti nei posti più interessanti, come il Municipio, il castello le chiese, insomma un fermento , si capisce che c’è un’Amministrazione che  cura questo posto con attenzione.

 

Il Borgo si trova posto abbarbicato sulla roccia

 

 

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ed è circondato dalle montagne, notevoli sono le visioni delle vallate giù in basso,

 

 

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le strade sono ben curate e sc’è una segnaletica ben visibile che rende chiari ai visitatori i percorsi da seguirei nota che .

 

 

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Le strade spaziose nel centro diventano man mano che si sale sempre più strette. Ogni vicolo, ogni strada è segnalato da targhette con i nomi in italiano e in lingua greca.

 

 

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Interessante sono i vecchi palazzi, le case e la relativa tecnica costruttiva fatta da mattoncini, e pietre

 

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interessanti anche le grondaie delle case, fatte con mattoni sporgenti.

 

 

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Si  capisce che il paese per i palazzi che vi insistono era un paese importante e ricco. Prima di arrivare al centro si giunge in una piazza detta dei Ferrovieri, dove è collocata una vecchia locomotiva a carbone posta su dei binari, costruita tra il 1911 e 1922 e dismessa e venduta dalla ferrovia. Collocata lì per opera del sindaco Foti nel 1988, fatta arrivare con enorme difficoltà e non poche sono state le critiche per questa decisione che comunque ha caratterizzato  il centro del paese.

 

 

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Importante per la sopravvivenza di questo centro è l’agricoltura, la pastorizia, la forestazione, l’artigianato locale con le tessiture fatte con la lana, il lino, il cotone e soprattutto la lavorazione con le fibre della ginestra metodo antico, e la lavorazione del legno.
Ci muoviamo con l’ottima guida recandoci a visitare in lungo e in largo il borgo, le numerose chiese, arriviamo nella parte più alta dove stanno a bella vista i ruderi del castello anche qui un cantiere enorme , fervono lavori di ristrutturazione,

IL CASTELLO

Si trova nella parte più alta del paese. Non si conosce l’origine certa , fatto sta che nella zona castello sono state trovate tracce di materiale neolitico.

 

 

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Si presume che risale al 1200. Vi sono solo dei ruderi, costruito con mattoni di selce, presenta muri enormi, si erge una torre ancora in parte intatta, l’unica delle tre rimaste e le chiese:

LA CATTEDRALE

In questa chiesa maestosa fervono i lavori di ristrutturazione,

 

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accanto ad essa gli edifici del vescovado che presentano una zona vecchia, antica e una zona nuova.

 

 

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Presenta la Cattedrale è dedicata alla Madonna della Presentazione o Isodia, è Normanna, ricostruita in epoche diverse all’entrata due colonne con lo stemma del vescovo di Bova.

 

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Vi è l’altare maggiore con la statua della Madonna in marmo bianco di Carrara, poggiata su un marmo lavorato che presenta lo stemma di Bova dove è sempre rappresentato un bue e due angeli in adorazione, è riportata la data del 1584.

 

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La Madonna e il bambino hanno la testa cinta da due corone d’argento. Più a destra nella cappella dell’Assunta si trova l’altare del Sacramento datato 1691, ornato con marmi di vari colori sicuramente di scuola siciliana. La chiesa ha tre navate una grande, due più piccole, con tre altari.

 

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La nostra insuperabile guida ci ha fatto presente che sotto il pavimento della chiesa sono stati trovati un insieme di camere sotterranee con tombe importanti. Tanto è vero che è stato deciso di stendere un pavimento a vetro per fare vedere ai visitatori, queste antiche sepolture.

 

 

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I morti si mettevano seduti con le braccia larghe, per fare meglio andare via i liquidi ed essiccare. Questa usanza si è trovata in alte chiese antiche di Brancaleone etc.

 

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Sotto la scala che va ai campanili si nota benissimo che la chiesa è costruita su una precedente struttura.

 

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Accanto alla cattedrale un imponente campanile con una campana antica che riporta delle scritte cosi come si può vedere dalle foto.

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Continuiamo il nostro percorso scendendo attraverso viuzze antiche con case dallo stile molto particolare e raggiungiamo la

CHIESA DI S. LEO:

 

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Anche qui lavori e nel perimetro della chiesa, si nota uno scavo dove si vede chiaramente che la chiesa nuova, poggia su una struttura antica.

 

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La chiesa attuale risale al 1700, anche qui un portale importante con lo stemma della città e la data del 1606.

 

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Entriamo, e alla fine della navata, notiamo subito un importante altare, con una statua in marmo bianco che rappresenta S.Leo.

 

 

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Un altare molto ornato che all’apice presenta lo stemma della città.

 

 

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Contrapposto in fondo alla chiesa una grande loggia in legno bianco con sopra un antico organo.

 

 

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Ai lati della chiesa, due cappelle, in una  le reliquie di S. Leo, monaco Basiliano del 1722, poste su un altare di marmo, le reliquie, sono sormontate da una statua dello stesso santo, in argento cesellato, cosi come cesellata si presenta l’urna.

 

 

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Anche qui le nostre guide ci raccontano delle tradizioni popolari, ed essendo un santo venerato anche in altri posti ad Africo Vecchio,  per antiche diatribe le reliquie come si può vedere dalle foto sono chiuse con quattro lucchetti diversi la cui chiave è stata consegnata, per evitare eventuali furti di ammiratori, al parroco, all’arcivescovo ai carabinieri etc..

 

 

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In fondo alla chiesa nel lato destro una enorme tela del 700 raffigurante la Madonna Immacolata, quadro di enorme bellezza, pare recuperato in un’altra chiesa di Bova, e custodito nella chiesa di S. Leo.

 

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Questa chiesa cosi come le altre conserva un enorme numero di oggetti religiosi del passato, molto dei quali custoditi nella cattedrale di Reggio Calabria. Tutti di epoca diversa: ostensori in argento, paramenti sacri, , incensieri d’argento, calici etc.
Ogni anno il 4 maggio viene tenuta una processione e sulla vara vengono posti il busto del Santo e le reliquie.

 

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CHIESA DELLO SPIRITO SANTO

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Dopo la piazza principale scendendo, arriviamo in questa chiesa che presenta un interessante portale in pietra, fatto da artigiani scalpellini locali, con importanti iscrizioni, è stata costruita intorno al XVI° XVII° sec. Sopra del portale una finestra, qui vi era una statua della Madonna con bambino oggi conservata nella chiesa di S. Caterina. Nel Portale sono riportati dei nomi Maisanus e Nicola Mafrica.

 

 

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Saliamo e il vicesindaco Casile ci accompagna in un’altra chiesa.

 

CHIESA DELL’IMMACOLATA  (XVIII° SEC.)

 

 

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Anche questa chiesa presenta un’interessante portale. La chiesa sconsacrata,  apparteneva alla famiglia Marzano, infatti nel portale vi è lo stemma di questa famiglia. E nella chiesa all’interno vi è una loro lapide dalla quale si rileva che i Marzano erano giunti qui nel 1767. Da qui proviene l’interessante quadro della Madonna Immacolata conservato nella chiesa di S. Leo. Molte parti murali esterne sono state completamente ricostruite.

 

 

 CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE

Risale al XVII° sec. Apparteneva alla famiglia Mesiani, infatti è costruita di fronte all’antico palazzo Omonimo. Anche qui un importante portale con lo stemma della famiglia Mesiani, iscrizioni e in alto una finestra, nella chiesa un altare in marmo con la statua della Madonna del Carmelo, e nel pavimento una lapide con lo stemma familiare dei Mesiani e una scritta con la data del 1752. La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto. Sembra che prima di diventare chiesa del Carmine  di proprietà Mesiani la chiesa era l’antica Parrocchiale di San Costantino,

 

 

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essendo i portali quasi tutti simili e della stessa età, abbiamo avuto l’impressione che quasi tutte le chiese erano già preesistenti e su quelle sono state costruite altre.

 

CHIESA DI SAN ROCCO


Qui vi era prima il convento dei frati minori di S. Antonio, la chiesa risale al 1500. Un importante portale in pietra intagliata, all’interno al centro dell’architrave lo stemma del vescovo Marzano. Danneggiata dai terribili terremoti del 1783 e 1908 fu ricostruita nel 1975. Ogni anno la statua il 15 agosto viene portata in processione dalla chiesa di s. Caterina alla chiesa di San Rocco.

 

 

CHIESA DI SANTA CATERINA

Fu consacrata nel 1969. All’interno della chiesa una importante statua della Madonna della Visitazione, che  presenta un enorme mantello. Qui c’è anche la statua di San Rocco, patrono del paese.
Il nostro itinerario, dopo la piazza ferrovia, inizia e si conclude nella piazza centrale del Paese, Piazza Roma, che è molto bella e segnata da palazzi antichi importanti ecco le foto:

 

 

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PALAZZO NESCI


Risale al 1700, è stato costruito su due piani,

 

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presenta al centro un bel portale ad arco con lo stemma della famiglia Nesci, a fianco una volta che sostiene un terrazzo merlato, con una vista spettacolare sulla vallata.

 

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Il palazzo è stato venduto a vari proprietari, e nel 900 fu utilizzato a Casinò di società e teatro.

 

 

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PALAZZO MESIANI-MAZZACUVA


Sorge in via Costantino dove prima c’era una torre ed era un punto di passaggio di accesso verso la città., fu nel passato utilizzato a carcere.
Interessante anche vedere

 

IL MONUMENTO AI CADUTI

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Il MUSEO PALEONTOLOGICO,

con importanti reperti fossili.

Le frazioni di Bova sono: Brigha, Campo, Cavalli, e Muto.
Ogni anno sono organizzate importanti manifestazioni tra cui il “Paleariza”.

 

 

 

E ancora foto del Paese:

 

 

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Si ringraziano il Sindaco Santino Casile e il sig. Leo Casile per la disponibilità dimostrata, che ci ha permesso di fare questo servizio, e il sig. Nino Marino per la collaborazione al Servizio fotografico.

 

 

BOVA, 16 giugno 2008   Aggiornato il 04.06.2011

                                                                                                                                                                        daniele dattola

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